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Commissioni Tributarie Provinciali

Sentenza n. 5130/2019. Commissione Tributaria Provinciale di Palermo


La sentenza in commento affronta il problema del recupero a tassazione dei canoni di locazione di un immobile ad uso diverso da quello abitativo, nel caso in cui il contratto di locazione preveda una clausola risolutiva espressa, di cui la parte a vantaggio di cui opera si sia avvalsa, ai sensi degli artt. 1456 e 1458 c. c., in base alla quale, nei fatti, tali canoni non siano stati percepiti.
La clausola risolutiva espressa, infatti, opera ope legis, senza la necessità di un accertamento giudiziale; al verificarsi dell’evento che legittima la risoluzione del contratto (nel caso di specie il mancato pagamento del canone) il contratto s’intende senz’altro risolto.
La sentenza della CTP di Palermo, in accoglimento delle tesi difensive, e in aderenza alla prevalente giurisprudenza di legittimità (vedi Cassazione n. 19240/2016) ha ritenuto che i canoni non percepiti vadano tassati fintanto che non sia intervenuta la risoluzione del contratto ovvero un provvedimento di convalida dello sfratto. Sussistendo, nel caso oggetto della sentenza in commento, entrambe le condizioni (l’art. 5 del contratto di locazione prevedeva espressamente la risoluzione del contratto in caso di mancato pagamento dei canoni; clausola che trovava, inoltre, riscontro documentale nell’intimazione che la ricorrente aveva provveduto, per il tramite del suo avvocato, a inoltrare all’inquilino moroso) l’avviso di accertamento deve ritenersi viziato nella parte in cui determina il reddito tassabile includendovi anche i canoni non riscossi.

Sentenza n. 4587/2019. Commissione Tributaria Provinciale di Palermo – Sezione 1


La sentenza in commento offre un interessantissimo spunto di riflessione sulla necessità di rivedere, in senso favorevole al contribuente, l’obbligo di instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale in maniera generalizzata, a tutti i tributi, non soltanto quelli armonizzati; la violazione di tale obbligo, tuttavia, determinerà l’illegittimità dell’atto impositivo, secondo i giudici della CTP di Palermo, soltanto qualora il contribuente dimostri in giudizio, attraverso la c.d. prova di resistenza, che qualora la sua partecipazione al contraddittorio fosse stata garantita, il procedimento amministrativo tributario avrebbe avuto un esito diverso.
Con tale motivazione i giudici della Prima sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo hanno annullato avvisi di accertamento emessi dal Comune di Campofelice di Roccella, aventi ad oggetto ICI su terreni che il contribuente ha dimostrato, attraverso una perizia tecnica, essere non edificabili o comunque il cui valore imponibile era di gran lunga inferiore a quello determinato in sede di accertamento.
Dopo avere svolto un resoconto della giurisprudenza in materia di contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario (rilevando un perdurante contrasto nonostante l’intervento di due sentenze emesse a Sezioni Unite della Cassazione – la numero 24823 del 2015 che aveva negato l’esistenza di un generalizzato obbligo di instaurazione del contraddittorio e la numero 19667 del 2015, che precedentemente aveva affermato l’esatto contrario) i giudici hanno ritenuto di poter accogliere le tesi della difesa che aveva invocato l’applicazione di principi eurounitari (vedi, per tutte, la sentenza “Posopè”) per i quali esiste, a differenza di quanto affermato da Cassazione 2483/2015, un generalizzato obbligo di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tale principio va, tuttavia, applicato concretamente, dovendo il contribuente dimostrare, appunto, il concreto nocumento subìto dal mancato svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale.
Gli stessi giudici, a fronte di tale dimostrazione fornita dal contribuente, hanno anche stabilito che parte resistente in giudizio non può procedere con un’inammissibile tentativo di integrazione postuma della motivazione dell’atto, che miri a svolgere in giudizio quel contraddittorio che l’Ente impositore non ha correttamente attivato in sede procedimentale.

Sentenza n. 1165/2019. Commissione Tributaria Provinciale di Trapani


La Commissione Tributaria Provinciale di Trapani ha accolto il ricorso presentato da alcuni dei comproprietari del famoso Complesso Monumentale della Tonnara di Scopello, avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate di Trapani aveva contestato, sulla base di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza di Alcamo, l’esistenza di un’attività commerciale tra i comproprietari della Tonnara.
Il Giudice Tributario al quale i contribuenti si sono rivolti ha accolto le tesi difensive prospettate nel corso del giudizio. In particolare, è stata smentita la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, secondo cui il processo verbale di constatazione sarebbe un atto soggetto a pubblicità legale conoscibile dal contribuente con l’utilizzo dell’ordinaria diligenza. Di conseguenza, la sua mancata notifica al contribuente ovvero la mancata allegazione all’avviso di accertamento comporta la nullità dell’atto impositivo, poiché emanato in violazione dei principi sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente.
Nel caso di specie, infatti, era stata contestata l’esistenza di una società di fatto tra i comproprietari, ma il PVC era stato consegnato unicamente ad un soggetto autoqualificatosi rappresentante della Tonnara. La difesa aveva sostenuto che nel caso in cui si contesti l’esistenza di una società di fatto, cioè a dire, di un soggetto giuridico nuovo e diverso rispetto a quello esistente, si sarebbe dovuto notificare il relativo Verbale a ciascuno dei comproprietari che, nell’ottica dell’Amministrazione Finanziaria, erano i nuovi soci di fatto. Così non è avvenuto e il Giudice di primo grado, in accoglimento delle tesi difensive, ha annullato l’avviso di accertamento per mancata allegazione del prodromico verbale di constatazione delle violazioni tributarie.
In secondo luogo, l’accertamento emanato dall’Agenzia delle Entrate è stato annullato anche e soprattutto perché, come sancito da altra sezione della stessa Commissione Tributaria Provinciale di Trapani, non poggia su elementi sicuri che dimostrino che il ricorrente svolgesse, unitamente agli altri comproprietari, un’attività imprenditoriale. Non sono stati ritenuti sufficienti, dunque, gli elementi forniti dall’Amministrazione Finanziaria, su cui spetta l’onere della prova al riguardo, per il superamento di quella sottile linea di demarcazione tra comunione di godimento tra i comproprietari e attività commerciale; confine labile individuato anche da una circolare della stessa Amministrazione Finanziaria sulle locazioni brevi.
Deve ritenersi, pertanto, corretta la qualificazione giuridico – fiscale della comunione di godimento tra i ricorrenti e gli altri comproprietari.

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